D'ora innanzi, salvo una breve parentesi francese, la Valcamonica diverrà una scolta della Repubblica veneta e Breno ne sarà la capitale amministrativa. I conflitti di ordine sociale tra nobili e vicini dei secoli precedenti trovano equilibrio e composizione nel saggio governo veneto che sa conciliare la ragion di stato con le ragioni dell'autonomia locale. Breno diventa sede dei governo valligiano, affidato ad un Capitano, un Vicario e ad una serie di consigli generali e speciali, sì da legittimare un vero e proprio pluralismo istituzionale.
Il prelibato dominio veneto ha termine con l'arrivo dei francesi di Napoleone, sul finire dei secolo XVIII. Sembra che in un primo tempo la Valcamonica abbia mostrato fervida lealtà verso Venezia. Ed anche la Valcamonica serbava all'antica Repubblica sua fede, scrive l'Odorici. Ma, a parte qualche arresto tra i più accesi sostenitori di Venezia, con l'arrivo del conte Emili a Breno (nell'aprile del 1797), quale capitano del popolo sovrano di Brescia, si può considerare chiuso definitivamente il periodo della dominazione veneta.
La provincia di Brescia viene divisa in dieci cantoni uno dei quali, con il titolo di Montagna, è la Valcamonica con centro a Breno. I cantoni a loro volta sono suddivisi in comuni o municipalità che in valle furono Pisogne, Darfo, Borno, Breno, Bienno, Capo di Ponte, Cedegolo, Edolo, Ponte di Legno. Alla fine del 1797 la Repubblica Bresciana è incorporata da Napoleone alla Cisalpina: la Valcamonica con la Valtellina forma il dipartimento dell'Adda e dell'Oglio con capoluogo prima a Sondrio e poi a Morbegno.
Tale dipartimento è di nuovo modificato nel 1801: la Valcamonica, ovvero il distretto di Breno, va a formare il dipartimento del Serio o di Bergamo e sotto Bergamo rimarrà fino all'ottobre del 1859. Di Breno, nelle varie fasi del Risorgimento italiano, ha dato dettagliato resoconto il prof. Fortunato Canevali in un libro prezioso di notizie, di dati e di fotografie. La cultura risorgimentale s'è fatta particolarmente sentire nelle sue componenti garibaldina e popolare e saranno queste medesime a guidare la ricostruzione del secondo dopoguerra, attuando un intenso programma di opere civili e sociali.